17/04/2008 | |
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Presidenza Pd, l’ultimo strappo di Prodi | |
NINO SPAMPINATO New York. «Lascio perché ritengo che sia necessario fare posto alle nuove leve: il Partito democratico dovrà cercarsi un altro presidente». L’annuncio con cui ieri Romano Prodi ha ufficializzato le dimissioni dalla presidenza del Pd avrà destato sorpresa, nonostante il giorno prima fossero già circolate delle indiscrezioni, ma il presidente del Consiglio uscente l’ha definita una scelta «coerente e conseguente» a quella di non candidarsi alle elezioni per un seggio nel nuovo Parlamento. Tanto più che a Walter Veltroni l’aveva già comunicata con una lettera scritta lo scorso 23 marzo, il giorno di Pasqua («Perché proprio a Pasqua? Perché quel giorno mi sentivo tranquillo» ha risposto a chi gli chiedeva spiegazioni sulla data). Eppure, la decisione è stata ufficializzata soltanto ieri da New York, in un breve incontro con i giornalisti convocato prima di intervenire alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata ai rapporti tra Nazioni Unite e Unione Africana, «perché fosse chiaro che questa scelta non dipendesse in alcun modo dal risultato del voto: inoltre – ha aggiunto Prodi – se fosse stata comunicata durante la campagna elettorale, avrebbe assunto un significato diverso». Scelta definitiva, su cui il Professore non intende tornare indietro, anche se al rientro a Roma ne parlerà con Veltroni: «Certamente ci incontreremo, ma la mia è una decisione presa. È una posizione molto semplice e chiara, senza alcuna polemica» ha ribadito, tornando sulla questione dopo l’intervento al Palazzo di vetro. Prodi ha assicurato di averne parlato per tempo con lo stesso Veltroni, con cui si era anche complimentato per «la campagna elettorale forte e coerente che stava conducendo», che ha portato il Partito democratico ad ottenere «una buona performance alle elezioni». Del resto, è stato il ragionamento di Prodi, i motivi di questa decisione stavano già nella volontà di non candidarsi: «Continuerò a dare un contributo leale, da supporter forte, ma non da dirigente: il Pd dovrà cercarsi un altro presidente e rafforzarsi per continuare ad essere l’unica seria alternativa riformista dell’Italia, perché in futuro ce ne sarà estremamente bisogno». Finché sarà in carica da premier, però, Prodi intende portare a termine al meglio il suo lavoro, come ha confermato intervenendo sulla questione della nomina del nuovo vice presidente della Commissione Europea che dovrà sostituire Franco Frattini destinato a entrare nella squadra del nuovo governo: Prodi ha auspicato che possa essere una scelta condivisa con i leader del Popolo delle Libertà, ma ha rivendicato «il diritto e il dovere» di proporre dei nomi. «È mia volontà che il Commissario sia scelto insieme, ma nel momento in cui Frattini opta per il Parlamento italiano, io devo fare la nomina per legge». Prodi ha aggiunto di aver tentato ripetutamente di contattare Berlusconi per concordare una nomina bipartisan, ma senza aver ricevuto risposte né dal Cavaliere né da Gianni Letta: «Ho fatto una rosa di quattro-cinque nomi, ma non mi ha richiamato nessuno: non vorrei saperlo dai giornali, perché ho il diritto e il dovere di discuterne insieme». Il premier ieri era a New York per il suo ultimo impegno internazionale da premier, il Consiglio di sicurezza Onu sulla pace in Africa. Nel suo intervento, il Professore ha ribadito la necessità di rinsaldare i rapporti tra le Nazioni Unite e l’Unione Africana, anche dal punto di vista economico: «Non faremo mancare il nostro contributo di idee e risorse nel proseguimento di questo processo». E a chi gli chiedeva se, adesso, intenderà impegnarsi in prima persona per l’Africa, Prodi ha ribattuto: «Lo faccio dal 2001. Sull’Africa non sto rubando la scena a Walter Veltroni. C’è posto per tutti, per Veltroni, per me e anche per lei», risponde a un giornalista. |
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